Viaggiando con Terzani
Nel paese risiedono numerose etnie: Shan (originari della Cina), Paò, Meo, Karen, Wa e molte altre. Tiziano è incuriosito particolarmente dai Padaung (o Kayan) ai quali si deve la tradizione della donna giraffa, diffusa anche in Thailandia: per saperne di più puoi leggere il magnifico foto-reportage a loro dedicato sul Corriere della Sera.
Dal 1989 la Birmania ha il nome ufficiale di Myanmar. Il paese ha avuto una storia complessa e spesso drammatica a causa delle dittature e dei governi militari che si sono alternati soprattutto durante il Novecento. Alla fine degli anni ‘80 la protesta per ottenere la democrazia è aumentata. Protagonista del movimento pacifico dissidente è stata una donna, Aung San Suu Kyi, che durante i vent’anni trascorsi agli arresti domiciliari nel 1991 ha ricevuto il Nobel per la Pace. Riacquistata la libertà ha partecipato alla vita istituzionale del paese ricoprendo importanti incarichi di governo. Per approfondire puoi leggere la biografia di Aung San Suu Kyi.
Nel 2011 il grande regista francese Luc Besson le ha dedicato un film The lady. L’amore per la libertà.
Per saperne di più sulla storia del paese leggi della Birmania su Treccani online.
Tiziano è emotivamente coinvolto dalle vicende del passato ma anche dal presente e dal futuro del paese. Dopo avere attraversato a piedi la frontiera, con la moglie Angela e un amico giornalista raggiungono in auto la città di Kengtung; lungo la strada, poco più di una pista…
Eravamo appena scesi dalla jeep, quando dalla sterpaglia sentimmo venire uno strano, insolito, ritmico rumore di ferraglia, come di catene strascicate. Sì! Proprio delle catene! Ai piedi di una ventina di uomini, scarni, emaciati, alcuni con l’aria febbricitante, tutti coperti di stracci polverosi, che avanzavano faticosamente, all’unisono come un enorme millepiedi, trasportando a spalla un lungo tronco d’albero. Le catene ai loro piedi erano legate con altri ferri a una catena che ciascuno aveva attorno alla vita. I due soldati che accompagnavano i prigionieri ci fecero cenno con i fucili di mettere giù le nostre macchine fotografiche … posato il tronco, i prigionieri si fermarono. Uno disse di venire da Pegu, uno da Mandalay. Tutti e due erano stati arrestati cinque anni prima, durante le grandi manifestazioni per la democrazia: prigionieri politici, messi ai lavori forzati. È strano stare davanti a una tale nefandezza, dover prendere mentalmente delle note, scattare delle foto senza dar troppo nell’occhio, cercare di non mettersi in pericolo, di non dare a quei disgraziati più problemi di quanti già ne avessero e accorgersi poi di non aver avuto neppure il tempo di commuoversi, di scambiare una parola di semplice umanità. Improvvisamente si hanno gli occhi su un abisso di dolore, si cerca di immaginarsene il fondo…
Tiziano Terzani, Un indovino mi disse, Milano, Longanesi, 1995, pp. 64-65
Una delle pagine più intense di Tiziano ci guida verso il monastero della Collina d’Oro dove sorge il conosciuto monumento buddhista (stupa) chiamato tradizionalmente degli Otto Capelli. Si tratta della pagoda Shwedagon, luogo sacro per eccellenza, che svetta sulla città di Yangon (l’antica Rangoon), già capitale e tutt’ora la più grande della Birmania, con quasi 6 milioni di abitanti.
Leggi qualche notizia in più sulla pagoda Shwedagon.
La notte calò, millenaria, su Kengtung con una coltre di antichissimo buio e di silenzio. Restava solo un quieto tintinnare delle campanelle mosse dal vento in cima al grande stupa degli Otto Capelli. Seguendo quel suono, salimmo sulla collina al lume di una luna quasi piena che dava contorni d’argento agli edifici bianchissimi. Trovammo una porta aperta e passammo ore a parlare con i monaci seduti sulle belle mattonelle a fiori del Wat Zorn Kam, il Monastero della Collina d’Oro. Nel pomeriggio erano arrivati dalla campagna alcuni camion carichi di giovanissimi novizi, accompagnati dalle loro famiglie, e tutti dormivano per terra, lungo le pareti, ai piedi di grandi Buddha appena luccicanti nel bagliore di piccole fiammelle, appena misteriosamente sorridenti, ognuno ricoperto dalla tunica arancione dei bonzi, proprio come se fossero vivi e dovessero anche loro ripararsi dalla brezza notturna che soffiava dalle finestre. Per tutti quei bambini, sui dieci anni, giusto rapati a zero, avvolti nelle coperte nuove color zafferano, regalo dei parenti per la loro iniziazione, la pagoda sarebbe stata per anni avvenire la loro scuola: una scuola di lettura, di scrittura, di fede, ma anche di tradizioni, di maniere e di vecchi princìpi. Che differenza – pensavo – fra il crescere così, educati nello spartano ordine di un tempio, sotto quei Buddha, maestri di tolleranza, sentendo il tintinnare di quelle campanelle, e il crescere invece in una città come Bangkok, dove i giovani vanno ormai a scuola con un fazzoletto sulla bocca per proteggersi dagli scarichi delle macchine e con i tappi dei “walkman” nelle orecchie per soffocare con la musica rock il frastuono del traffico! Che differenti uomini debbono creare queste due diverse condizioni! Quali i migliori?
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La Birmania in cucina
Il mohinga, zuppa di spaghetti di riso in brodo di pesce, è immancabile nella dieta birmana, ma ci sono molti altri piatti interessanti: leggi cosa mangiare e bere in Birmania.
La Birmania in musica
Tipica della Birmania è un tipo di arpa chiamata saung, considerata strumento nazionale e di origini molto antiche.
Puoi ascoltarla anche qui e qui.
Nel 1956 usciva L’arpa birmana, un film dai contenuti pacifisti. Narra la storia di Mizushima, un soldato giapponese che alla fine della II guerra mondiale decide di fermarsi in Birmania per diventare bonzo e praticare il culto dei morti.
Suggerimenti di lettura
- Giorni in Birmania, George Orwell, Mondadori, 2015
- Sulle tracce di George Orwell in Birmania, Emma Larkin, add editore, 2018
- … e per finire, un’esperienza di viaggio molto interessante sul blog Una valigia piena di libri.
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Oppure torna alla pagina Non più soli, ma ben accompagnati.
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