In roulotte con Goethe
«Finché la prudenza davanti al contagio ci suggerirà di mantenerci perlopiù all’interno dei confini nazionali, i nostri migliori accompagnatori saranno quei libri che raccontano un tempo in cui il percorrere su e giù la Penisola era considerato, in tutta Europa, il non plus ultra delle esperienze formative. Ed ecco allora un tour nelle opere dedicate al Grand Tour in cui, con la guida di Montaigne, Byron e Leprince, anche gli snob scopriranno che non c’è niente di male nell’essere “turisti”.
Chissà per quanto tempo ancora i libri di viaggio saranno l’inevitabile metadone per l’astinenza da viaggio reale imposta dalla paura del contagio. Leggeremo le guide di viaggio come romanzi? Le Routard, con il loro sapore un po’ fricchettone, sostituiranno il Jack Kerouac di Sulla strada? Le Lonely Planet verranno candidate allo Strega e le Guide Rosse del Touring saranno i nostri Meridiani? Chissà. Eppure se c’è stato un desiderio che ha mosso i viaggiatori di ogni tempo è proprio quello del contagio. Certo, un contagio di tutt’altro tipo e assolutamente benefico: quello delle idee, delle immagini, dei paesaggi e delle usanze di luoghi lontani. Quello che spalanca gli orizzonti, non quello che li serra tra le pareti del lockdown. E c’è stato un tempo, un tempo tutt’altro che breve, in cui l’Italia era – anche qui – il focolaio d’Europa di questo benefico contagio.»
Francesco Guglieri ( Il Sole 24 ore, agosto 2020)
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L’uomo e l’opera
Johann Wolfgang Goethe parte segretamente per l’Italia all’inizio del settembre 1786. Ha 37 anni, una cultura straordinaria, che spazia dalla letteratura alla filosofia, dal teatro alla giurisprudenza, dalla botanica alla geologia all’anatomia fino alla zoologia. Ha già pubblicato parecchi testi: scritti teatrali, saggi e poesie. Ha già ricoperto incarichi istituzionali a fianco di Carlo Augusto, duca di Sassonia e di Weimar. Rimane in Italia, fermandosi particolarmente a Roma, all’incirca due anni.
Finisce il suo diario di viaggio solo nel 1829; in seguito viene pubblicato il libro Viaggio in Italia 1786-1788. Molte parti erano già state edite come articoli in giornali dell’epoca. Si tratta di un diario molto particolare, ricco di elementi personali e autobiografici:
“… il Viaggio presenta anche i tipici tratti del saggio, in cui il soggetto si indaga ed esamina se stesso nel rapporto con le cose…”
afferma la germanista Lorenza Rega.
Per approfondimenti e curiosità:
- Goethe et Chateaubriand : regards croisés devant les paysages
- Immagini dell’Italia in Goethe, Shelley e Byron
- Le grand tour: Montaigne, Stendhal, Goethe.
Itinerario
(l’edizione di riferimento: J. Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia (1786-1788), Introduzione e note di Lorenza Rega, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1991)
Il nostro viaggiatore attraversa il Brennero l’8 settembre 1786, l’11 raggiunge Bolzano e Trento. Viaggia in carrozza con altri passeggeri. È molto attratto dai paesaggi e dalla vocazione commerciale di Bolzano. Il 16 dello stesso mese è a Verona, dove arriva attraverso un percorso lungo il lago di Garda. Passati alcuni giorni riparte alla volta di Venezia, transitando per Vicenza e Padova, alle quali dedica qualche giornata. A Venezia soggiorna per oltre due settimane: il 14 ottobre, alle 2 di notte riparte con una “barca-corriera” , destinazione Ferrara. Approda nella città estense dopo un paio di giorni di navigazione sul Po. Il giorno seguente raggiunge Cento, la “patria del Guercino”: è l’inizio di un percorso alla scoperta della pittura emiliana del Cinque e Seicento che lo porterà, nei giorni seguenti, a esplorare chiese e palazzi di Bologna.
“Guercino è il nome di un Santo, che corre sulle labbra dei grandi come dei piccoli” -scrive Wolfgang (p. 101), che si ferma ad ammirare un Cristo risorto e un paio di Madonne con bambino, attualmente conservati nella Pinacoteca centese.
Per ammirare e approfondire il lavoro dell’artista segui il link Madonna col Bambino benedicente.
A Bologna
Goethe ritroverà il Maestro centese a Bologna, al cospetto di una conosciuta Circoncisione “mi ha fatto una profonda impressione … gli ho perdonato il soggetto antipatico e ho goduto dell’esecuzione” (p. 106). Era un quadro di grandi dimensioni, affollato di personaggi, era la pala d’altare della chiesa agostiniana di Gesù e Maria, nei pressi di via Galliera. Oggi, a causa del trafugamento da parte delle truppe napoleoniche, si conserva smembrato in due parti: il dipinto vero e proprio si trova al Museo des Beaux Arts di Lione, il Padre Eterno alla Pinacoteca Nazionale di Bologna.
Giunto in città di mattina presto, il nostro viaggiatore incontra “uno svelto cicerone di piazza, non privo d’istruzione” che lo accompagnerà “a trottare per tutte le vie e attraverso tanti palazzi e tante chiese” (p. 102). Resta decisamente colpito dalla santa Cecilia di Raffaello, ora alla Pinacoteca Nazionale di Bologna ma a fine ‘700 custodita nella cappella Bentivogli della chiesa di San Giovanni in Monte “È quello che già sapevo anche prima, ma che adesso vedo, coi miei propri occhi. Raffaello ha sempre fatto precisamente quello che altri han desiderato di fare” (p. 102).
Per osservare il dipinto “Estasi di Santa Cecilia” e leggere alcune note a riguardo:
- Estasi di Santa Cecilia fra i Santi Paolo, Giovanni Evangelista, Agostino e Maria Maddalena
- Un dipinto sotto la lente: “Estasi di Santa Cecilia” di Raffaello Sanzio
Le opere di Guido Reni “il genio divino” catturano il suo interesse più di quelle di altri artisti della città. Nella chiesa di S. Maria della Pietà scopre la cosiddetta Pala dei Mendicanti, ora in Pinacoteca Nazionale: è una Pietà popolata di santi, angeli e putti, figure sulle quali Wolfgang annota qualche critica. Poi si sofferma su “due nudi”, San Giovanni nel deserto e San Sebastiano, quest’ultimo conservato allora nella sacrestia di San Salvatore. Entrambi i dipinti si trovano oggi presso la Pinacoteca Nazionale; il primo, il San Giovanni, viene attribuito a un allievo di Guido. Visita palazzo Tanari per ammirare la pregevole Madonna che allatta: “ella sogguarda il poppante: una calma e profonda rassegnazione, così mi pare, quale sarebbe se ella si lasciasse esaurire il seno non già da un figlio dell’amore e della gioia, ma da un figlio divino sostituito al vero” (p. 106).
Attraverso questo link potrai leggere le recenti vicende del dipinto e di qualche copia: Guido Reni – Asta Capolavori da collezioni italiane.
La pittura bolognese parla al suo “spirito” , è fonte d’ispirazione letteraria: i dipinti evocano “una meravigliosa teoria di figure poetiche, che mi conturbano” (p. 107). Così, al cospetto di “una sant’Agata, delizioso dipinto”, forse di Raffaello o della sua scuola, si concentra sulla “verginità sana, sgombra di preoccupazioni” della giovane: e il pensiero vola rapido all’Ifigenia (in Tauride) ispirata all’omonima tragedia di Eschilo, che Wolfgang riscrive in versi proprio durante il soggiorno in Italia.
Puoi leggere
Ifigenia in Tauride, ed. Marsilio, Venezia, 2011
richiedendo il prestito a questo link.
La curiosità del viaggiatore si apre ad altre interessanti scoperte: i portici, le torri, la nebbia, i minerali. Una mattina sale sulla torre Asinelli, lo intravediamo salire i 498 gradini di legno e osservare l’orizzonte tracciando una descrizione del panorama dettata più che altro dall’ immaginazione “Veduta splendida! A nord si scorgono i colli di Padova, quindi le Alpi svizzere, tirolesi e friulane … A oriente, una pianura uniforme fino all’Adriatico, visibile al sorgere del sole . Verso sud, i primi colli dell’Appennino … popolati di chiese, di palazzi e di ville” (pp. 102-103). E ancora “ La torre pendente è uno spettacolo che disgusta, eppure è molto probabile che sia stata costruita a bella posta così … Nell’epoca dei torbidi cittadini, ogni grande edificio era una fortezza, in cui ogni famiglia potente si costruiva una torre. A poco a poco se ne fece una questione di passatempo e di puntiglio … e quando le torri diritte cominciarono a diventare comuni, vi fu chi se ne costruì una pendente” (p. 103).
Il 20 ottobre, in una giornata particolarmente serena, compie “un’escursione a cavallo a Paderno, dove si trova la così detta pietra bolognese (spato pesante) dalla quale si ricavano quelle pietruzze … che risplendono all’oscuro, pur che prima sian rimaste esposte alla luce, e che qui si chiamano senz’altro fosfori” (p. 109). Wolfgang, che ha una buona conoscenza della geologia, è attratto da ogni pietra e roccia, da strati e “superfici conchigliacee punteggiate di bianco”, da frammenti di pirite solforosa e cristalli di gesso.
Per tutti i dettagli, anche scientifici, sui fosfori, leggi questa scheda.
Nel 1774 il nostro turista aveva parlato della luminosa pietra bolognese nel romanzo epistolare I dolori del giovane Werther.
Wolfgang conclude l’esperienza bolognese con il cuore e la mente carichi di suggestioni e di spunti nuovi per la propria intensa attività intellettuale. Abbandona la città in tutta fretta, spinto dalla furia dei propri sentimenti, già tipicamente romantici: “Se quest’oggi io mi sia strappato da Bologna, o se ne sia stato scacciato, non saprei dire” (p. 111).
È la sera del 21 ottobre 1786. Il Nostro approfitta di un passaggio in carrozza, parte quasi con impazienza dalla città e pernotta in una ”miserabile locanda” di Loiano, chiacchierando con un ufficiale del papa poco convinto del proprio incarico.
Leggi anche Osterie ieri e oggi.
Il giorno seguente, attraverso il passo della Futa, entra in Toscana e raggiunge Ghiereto, nel Mugello. Qui, la sera, dedica una pagina poetica, intima e visionaria, agli Appennini “un pezzo meraviglioso del creato. Alla grande pianura della regione padana segue una catena di monti che si eleva dal basso per chiudere verso sud il continente fra i due mari. Se la struttura di questi monti non fosse troppo scoscesa, troppo elevata sul livello del mare … se avesse potuto permettere al flusso e riflusso di esercitare in epoche remote la loro azione più a lungo, di formare delle pianure più vaste e quindi inondarle, questa sarebbe stata una delle contrade più amene nel più splendido clima, un po’ più elevata che il resto del paese. Ma così è un bizzarro groviglio di pareti montuose a ridosso l’una dell’altra” (pp. 111-112).
Prima di abbandonare Wolfgang al suo viaggio verso Roma, uno scorcio suggestivo delle dolci colline “una regione quasi dappertutto coltivata benché montuosa. I castagni prosperano egregiamente; il frumento è bellissimo e le messi ormai verdeggianti. Lungo le vie sorgono querce sempre verdi dalle foglie minute; e intorno alle chiese e alle cappelle agili cipressi” (p. 112).
Quello di Goethe in Italia fu un viaggio attento all’arte classica, alla natura e alle scienze, all’incontro con donne e uomini anche del popolo. Erano esperienze che lui stesso faceva proprie e solo dopo trasferiva in scrittura comunicandole al lettore. Per queste caratteristiche anticipò cultura e sentimenti del Romanticismo, tipici dell’ Ottocento.
Wolfgang ebbe stretti rapporti con il giovane Felix Mendelsshon, nato ad Amburgo nel 1809; gli suggerì di compiere un tour in Italia sulla scia di questa moda ottocentesca. Tra il 1830 e il 1831 Mendelsshon scese nella Penisola e compose la celebre Sinfonia italiana. Ce lo racconta il musicologo Alessandro Solbiati in una trasmissione radiofonica del 2016 che ora puoi riascoltare insieme ad un brano della Sinfonia:
LEZIONI DI MUSICA – “Finalmente in Italia!” Il bel paese visto dai musicisti. Prima parte con Alessandro Solbiati sul sito di Radio3.
Dopo Goethe altri celebri scrittori avrebbero attraversato l’Italia. A Bologna, non si lasciarono sfuggire la visita della Certosa monumentale, seguendo un sentimento di dolore e pessimismo nei confronti della natura e della vita proprio della cultura romantica. La Certosa mancò dall’itinerario di Wolfgang che dall’uomo, dalla natura e dall’arte avvertì sempre lo sgorgare di energie positive.
Anche tu potrai compiere un percorso molto suggestivo qui: La Certosa.
Le diverse testimonianze di questi turisti eruditi iniziano con una donna scrittrice, l’irlandese Lady Sidney Morgan, che viaggiò in Italia intorno al 1820 e nel 1821 pubblicò Italy, un resoconto di viaggio che suscitò parecchie polemiche
“La Certosa, o Chartreuse, di Bologna, potrebbe rivaleggiare con l’abbazia certosina di Pavia. I suoi vasti chiostri presentano un labirinto oscuro e freddo. Soppresso nel periodo della Rivoluzione, e spogliato di molte delle opere migliori, suscita un interesse considerevole essendo stato deposito di tutti gli antichi documenti, reliquie, statue, e così via, portati via dai loro siti e abbandonati, nei primi, tumultuosi fermenti di quell’evento sconvolgente; ed è ancora visitata come una sorta di gabinetto di antichità ecclesiastiche… La tomba del Salvatore, apparentemente ben tagliata, contiene una figura immensa e triste, enorme, avvolta in un vero panno macchiato di sangue; e c’è in uno dei chiostri una gigantesca, scura madonna dai fissi occhi di vetro, che spaventerebbero perfino la devozione di un religioso delle isole Sandwich”
François René de Chateaubriand scese più volte nella Penisola e pubblicò nel 1827 Voyage en Italie. Ma la visita alla Certosa è ricordata in Memorie d’oltretomba (1848)
“Bologna mi sembra meno deserta rispetto all’epoca del mio primo viaggio. Vi sono stato ricevuto con gli onori che vengono inflitti agli ambasciatori. Ho visitato un bel cimitero: non dimentico mai i morti; sono la nostra famiglia”
Stendhal (pseudonimo di Henri-Marie Beyle) visse in Italia per anni; da Rome Naples et Florence (1827) leggiamo due righe
“La vanità degli abitanti di Bologna va fiera del loro cimitero: è una certosa a un quarto di lega dalla città. Le tombe daranno da vivere a qualche scultore povero”
George Gordon Noel Byron lord Byron), visse in Italia dal 1816 al 1823. Ecco uno stralcio da Letters and Journals of Lord Byron with a Notice of his life (1831)
“mi sono recato nel bel cimitero di Bologna, oltre le mura, dove mi sono imbattuto, accanto al bel prato per le sepolture, in un becchino davvero originale che mi ha fatto venire in mente quello dell’Amleto. Ha una collezione di teschi di cappuccini con tanto di etichetta sulla fronte. Tiratone giù uno ha detto: «Questo era frate Desiderio Berro, morto a quarant’anni, il mio migliore amico. Dopo la sua morte, ne chiesi il teschio ai suoi confratelli che me lo dettero. Lo gettai nella calce viva, poi lo feci bollire. Eccolo, denti e tutto, in eccellente stato di conservazione. Era l’individuo più allegro e più bravo che abbia conosciuto. Ovunque andava era messaggero di gioia e bastava la sua presenza per rallegrare anche l’individuo più malinconico. Camminava con tale leggerezza che l’avresti preso per un ballerino, scherzava, rideva… era una tale sagoma di frate di cui non ho mai visto il simile prima, né vedrò di nuovo!». Mi disse che aveva piantato con le proprie mani tutti i cipressi del cimitero; che era profondamente attaccato ad essi e ai suoi morti; che dal 1801 avevano sepolto cinquantatre mila persone. Mostrandomi alcuni dei monumenti più antichi, mi indicò quello di una fanciulla romana di vent’anni, con un busto del Bernini. Era una principessa Barberini morta due secoli fa. Mi disse che, quando aprirono la sua tomba, trovarono che aveva ancora i capelli folti e gialli come l’oro.
Theodor Mommsen, storico e giurista, studiò anche in Italia negli anni ‘40 dell’800; da Italienische Reise (1844-’45)
“Poi al Cimitero, dove conduce un braccio del portico; un lusso enorme, una mezza città, sala accanto a sala, pieno in parte di (cattivi) monumenti dei secoli passati, in parte di nuovi, presso i quali ora sono proibiti quelli dipinti, solo il marmo è consentito! I poveri giacciono nel mezzo sotto l’erba: lì si dorme più leggeri e non costa niente”
Il celebre romanziere Charles Dickens ci ha lasciato questo appunto: da Pictures from Italy (1846)
“ mi trovavo, insieme con una folla di contadini, a passeggiare nel bel cimitero di Bologna, fra le tombe di marmo e i maestosi loggiati, accompagnato da un piccolo cicerone di quella città, il quale, avendo molto a cuore la reputazione del luogo, procurava con grande sollecitudine di distogliere la mia attenzione dalle tombe più modeste, non stancandosi mai di lodare quelle belle”
Sai che puoi andare in biblioteca richiedendo il prestito a casa?
Ora che le biblioteche sono chiuse è un’opportunità ottima anche per approfondire la conoscenza di questo Viaggio e del suo autore, Wolfgang Goethe.
Puoi prenotare un prestito e andare a ritirarlo di persona, dal 9 dicembre.
Oppure puoi richiedere un prestito a domicilio: leggi l’infografica per scoprire come.
Altre letture, altre visioni
…. ci sono altre possibilità d’approfondimento, ad esempio scaricare e leggere gratuitamente il romanzo Le affinità elettive, che Wolfgang pubblica nel 1809, oppure prendere in prestito il dvd dello sceneggiato televisivo (1979) tratto da questo romanzo.
Il dramma Faust è l’opera più conosciuta di Goethe. Si richiama alla grande tradizione letteraria dell’accordo tra il dottor Faust e Mefistofele, il diavolo, per un’esistenza vissuta nei piaceri del mondo. Puoi leggere gratuitamente Faust.
Nel 2011 il grande regista russo Alexandr Sokurov ha diretto il film omonimo, per il quale ha ricevuto il Leone d’oro alla 68 a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Anche per questo, puoi richiedere in prestito il dvd.
… e per finire, due consigli un po’ speciali
Questa nostra Italia è lo splendido docufilm realizzato nel 1968 da Virgilio Sabel e Guido Piovene. È ispirato a Viaggio in Italia dello stesso Guido Piovene, un racconto radiofonico degli anni ‘50 sull’Italia del Dopoguerra. Puoi guardarlo su RaiPlay.
Viaggio in Italia è il titolo di un libro dell’estate 2020 scritto da Flavio Cuniberto. L’autore ci parla di paesaggio e di estetica di paesaggio attraverso le varie regioni del nostro paese Flavio Cuniberto, Viaggio in Italia. Puoi richiedere il volume in prestito.
Personaggi e opere
Anteo, personaggio della mitologia greca, re di Libia
Anteo nell’Enciclopedia Treccani
“Mi sembra di essere Anteo, che si sente sempre rinvigorito man mano che viene messo più saldamente a contatto con la Terra sua madre.” p. 109
Balaam, personaggio biblico, indovino e stregone
Balaam, BALAAM in “Enciclopedia Italiana”
“E così mi succede come a Balaam, il profeta della confusione, che benediceva quando credeva di maledire” (p. 106)
Cimmeri, antica popolazione indoeuropea, contemplata dalla mitologia greca
Cimmeri nell’Enciclopedia Treccani
dall’alto della torre Asinelli, lo sguardo sprofondato sull’orizzonte “Questa nebbia si stende infatti a preferenza verso la catena settentrionale, ciò che rende la nostra cara patria un vero paese dei Cimmerii” (p. 104)
Ifigenia in Tauride, tragedia nella doppia versione in prosa e in versi
Ifigenia in Tauride (Goethe), Ifigenia in “Enciclopedia dei ragazzi”
Melchisedech, personaggio biblico, sacerdote e re di Salem (Gerusalemme)
MELCHISEDEC in “Enciclopedia Italiana”
in merito al valore artistico assoluto di Raffaello, ammirando il dipinto di Santa Cecilia:
“…per non continuare a esaltarlo come un dio caduto dal cielo senza padre né madre come Melchisedech” (p. 102)
Psiche, figura della mitologia greca
Miti e leggende nella Mitologia greca – Personaggi – Psiche
Goethe è al cospetto della Pala dei Mendicanti dipinta da Guido Reni, quando l’occhio coglie qualche figura marginale “I due angeli, che meriterebbero di consolare nella sua sventura una Psiche, qui son costretti…” (p. 105).
Costretti, cioè compressi tra una folla straordinaria di personaggi.
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Non posso apprezzare Goethe che nel suo viaggio in Italia snobba letteralmente la Toscana che solo 300 anni prima era stata culla del Rinascimento, dell’arte e delle cultura. Una regione bellissima con una campagna stupenda che lui a tratti denigra. infatti avrebbe voluto che fosse continuata la pianura padana che è bella anch’essa, ma certo molto più insalubre della Toscana. Una regione ricca di perle di città medievali, borghi, monasteri chiese, una regione patria anche di una grande civiltà etrusca e del letterato forse più grande della storia come Dante e poi personaggi insigni come Galileo, Leonardo, Michelangelo, Mschiavelli etc ed ancora etc…. La snobba perchè in Toscana ci sta pochissimo e subito scende al sud per vedere panorami marini che sono anche in Toscana e ruderi di civiltà che non sono italiche ma greche o al massimo romane che sono anche in Toscana. Ma Goethe la storia dela penisola italiana la conosceva?